Inizio questo articolo sul saper giocare in squadra parlandoti di Antonio. Non il barista sotto casa mia, bensì il grande condottiero dell’antica Roma.

Antonio infatti possedeva grandissime qualità di leader e i suoi soldati lo amavano. L’amicizia e la saggezza di Giulio Cesare – del quale fu luogotenente – gli avevano insegnato quella differenza tanto sottile quanto preziosa tra autorità e autorevolezza: l’autorità è data dal ruolo e riconosciuta dall’alto. L’autorevolezza, per certi versi ben più importante, arriva dal basso e ti è riconosciuta da chi lavora per te e con te.

«Non si può credere quanta simpatia e affetto per lui generavano nei soldati quegli atteggiamenti che agli altri apparivano grossolani, come le spacconate, gli scherzi e le bevute in pubblico. Era solito sedersi presso altri che mangiavano, o mangiava in piedi alla tavola della truppa.»

 

Tratto da “Vita di Antonio” di Plutarco

I suoi enormi successi in battaglia, spesso contro ogni pronostico, erano dettati anche dalla sua capacità di sfruttare al meglio il gioco di squadra.

Marco Antonio era solito usare nelle sue campagne la tattica militare conosciuta fino ai nostri tempi con il nome di testuggine”.

Nel film “Il gladiatore” con Russell Crowe nei panni – anzi nell’armatura – di Massimo Decimo Meridio, se ne ha una dimostrazione pratica in una delle scene del combattimento nel Colosseo. Se invece non hai visto questo film magari ricorderai le formazioni a tartaruga scaraventate in aria dal pancione di Obelix nei fumetti e nei cartoni di Asterix.

Le testuggini sono un grandissimo esempio di collettivo e di cosa significa giocare in squadra. Non a caso il succitato ispanico chiama tale schema al grido di «come un solo uomo!!!».

Un unico corpo per nascondere al suo interno un numero imprevisto di soldati e poter quindi sfruttare l’effetto sorpresa. Un unico corpo per proteggersi dagli attacchi e avvicinarsi all’obiettivo sfruttando le risorse interne. Un unico corpo, in cui le sue parti si muovono in sincrono e con totale fiducia nel compagno.

Nella testuggine ogni soldato diventava parte di un’identità più grande.

 

Giocare in squadra nello sport, in azienda e nella vita

 

Il gioco di squadra, nella sua essenza più pura, può realizzare sogni che appaiono impossibili. Occupandomi di sport coaching mi viene in mente la leggendaria impresa che lo scorso anno portò Vincenzo Nibali a vincere in rimonta un entusiasmante Giro d’Italia. È difficile immaginare che il pur bravissimo “squalo dello Stretto” sarebbe riuscito nell’eroica impresa senza un “gregario” come Michele Scarponi. Pronto in ogni salita a donare sudore e muscoli alla squadra per mettersi a disposizione di un sogno” come dichiarò lui stesso.

Potrei fare milioni di esempi ma il nucleo è sempre lo stesso. Nessun campione vince da solo. Questo vale nello sport, nelle grandi rockband, nei grandi team di lavoro. La particolare alchimia che sa chreare un vero spirito di squadra diventa un sistema propulsivo in grado di fare la differenza.

Ricordo quando giocavo a pallavolo e sentivo tantissime volte la frase “quello/a lì dovrebbe giocare a tennis, non a pallavolo”. Il messaggio implicito era sempre lo stesso: quell’atleta gioca da solo e dovrebbe imparare a lavorare con gli altri.

Ora, siamo tutti d’accordo nel dire che avere un giocatore di talento nel team sia un vantaggio, ma in realtà non lo è necessariamente se quel giocatore non lavora per la squadra.

Il leggendario Michael Jordan riassume il concetto in questa meravigliosa frase:

“Il talento fa vincere le partite, il lavoro di squadra e l’intelligenza fanno vincere i campionati”Michael Jordan

La pallavolo – nel caso specifico, ma vale in tanti altri contesti sportivi e non – è un gioco di team, quindi il lavoro di squadra è un ingrediente essenziale per il successo. Per come la vedo io, ogni giocatore deve scegliere di mettere il team al primo posto e nessun individuo deve diventare più importante del team stesso.

“Il nome scritto davanti alla maglietta è più importante del nome scritto dietro”. – Herb Brooks (allenatore nazionale Hockey USA, oro olimpico 1980)

La verità è che:

  • Se hai talento, hai bisogno del team per massimizzarlo.
  • Se non hai talento, hai bisogno del team per compensare e “sovraperformare”.

 

6 qualità da sviluppare per essere un uomo squadra

 

Ecco di seguito alcune qualità che puoi allenare per diventare un ottimo “giocatore di squadra”:

  • Sii un esempio per i tuoi compagni: non ti devi aspettare che l’allenatore sia l’unica persona a guidare la squadra. La vera leadership deve crearsi tra i giocatori, fuori e dentro il campo, in ogni allenamento e in ogni partita.

 

  • Rendi migliori i tuoi compagni: impegnati ad aggiungere valore al tuo team. Fai in modo che coloro che lavorano accanto a te aumentino la qualità di ciò che fanno e di chi sono come persone e professionisti grazie al tuo esempio e a come ti comporti con loro.

 

  • Rispetta i tuoi compagni: non serve essere amico di tutti e men che meno fare il “lecchino”. Ma è fondamentale rispettare ogni membro del team, dal titolare inamovibile all’ultimo della panchina: rispettali per il loro ruolo e soprattutto come persona.

 

  • Fai mantenere la disciplina: è importante che i giocatori si controllino a vicenda, dentro e fuori dal campo. L’allenatore non può essere ovunque e non può vedere tutto. Serve che i giocatori gestiscano i comportamenti improduttivi tra di loro.

 

  • Difendi i tuoi compagni: la squadra è come una famiglia. Se uno dei tuoi compagni viene attaccato, dentro o fuori dal campo, deve sapere che tu gli copri le spalle.

 

  • Sfida i tuoi compagni: la sana competizione all’interno del team è inestimabile, permette di tirare fuori da ognuno il meglio di sé.

 

Quando hai la capacità di anteporre ai tuoi interessi personali quelli del team e di raggiungere i tuoi obiettivi personali lavorando per quelli del team, allora diventerai un membro indispensabile, uno di quegli atleti (o collaboratori) che ogni allenatore (o manager) vuole nella propria squadra.

Buon lavoro e alla prossima.

Alle

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